giovedì 28 aprile 2011

LA MOTIVAZIONE FUNZIONA!

Proprio oggi mi sono imbattuto in una notizia parecchio interessante; secondo alcuni studiosi  dell’University of Pennsylvania di Philadelphia e i cui risultati sono stati pubblicati su “Pnas–Proceedings of National Academy of Sciences; la MOTIVAZIONE ha una notevole influenza sulla nostra intelligenza.
Gli scenziati hanno dimostrato che il livello di motivazione di ciascun individuo incide notevolmente sul quoziente intellettivo; i ricercatori hanno coinvolto in un esperimento 2.000 persone, le quali hanno affrontato vari test di intelligenza. Questi ultimi sono stati ripetuti una seconda volta, dopo che i soggetti avevano ricevuto un’opportuna carica di motivazione. Il risultato è stato evidente, infatti si è potuto constatare che la motivazione aveva determinato un incremento di tutti i punteggi relativi al quoziente intellettivo.

In particolare gli individui che avevano ottenuto precedentemente dei punteggi più bassi hanno visto aumentare in maniera considerevole il loro risultato.

mercoledì 6 aprile 2011

NON MOLLARE MAI..

Questa è la storia di Bethany Hamilton, una ragazza che aveva tutto nella vita; bellezza, salute e una grande passione il SURF e che ad un certo punto, in un attimo, ha visto cambiare il corso della sua vita...

Bethany è nata alle Hawaii sull'isola di Kauai nel febbraio del 1990. Ha iniziato a fare surf insieme ai suoi due fratelli ancora prima che a camminare, ereditando la passione da entrambi i suoi genitori, anch'essi surfisti. A otto anni era la più forte surfista under16 dell'isola, a 12 era la più forte surfista under16 dell'arcipelago, destinata a diventare la numero uno in pochissimo tempo.

Il 31 ottobre 2003, Bethany era andata a fare una session a Tunnels alle 7.30 del mattino, e mentre aspettava sulla tavola l'arrivo dell' onda giusta, uno squalo tigre di 8 metri la attacca, le strappa quasi completamente il braccio all'altezza della spalla e la trascina sul fondo. Due centimetri più in là e Beth sarebbe morta: la ragazza scalcia lo squalo sul muso e questo si allontana. Lei si arrampica fino alla tavola e chiede aiuto: sviene. Gli amici non si erano fino ad allora accorti di niente perchè non ci sono stati movimenti d'acqua o lotta in superficie. Beth arriva in ospedale incosciente e quasi dissanguata, ha perso il quasi il 70% del suo sangue ma per il braccio non c'è niente da fare. La ferita viene ricucita, il moncone amputato.


A questo punto viene giustamente da pensare che una persona normale nelle stesse condizioni non oserebbe più, non solo fare un bagno in mare, ma nemmeno avvicinarsi alla spiaggia senza considerare inoltre tutte le conseguenze che un trauma del genere si porta dietro: la protesi, il dover cambiare moltissime abitudini, la depressione post-trauma etc..
Ed è proprio in questo momento che nella mente di Bethany scatta qualcosa, una sorta di CLICK!  mentale, che la porta a solo una settimana dall'incidente a essere di nuovo sulla spiaggia, due settimane dopo sulla tavola, nel 2005 sul primo gradino del podio dei campionati nazionali e nel 2008 nel terzo gradino del campionato professionistico.


La sua storia è stata fonte di ispirazione per migliaia di atleti in tutto il mondo ed è stata scelta per girare un film-documetario sulla sua vita.



Alla domanda di un giornalista che le chiedeva se era orgogliosa di quello che aveva fatto e di essere stata fonte di ispirazione per un film; lei ha risposto con queste parole: "Cosa dovrei fare... ringraziare lo squalo perché mi ha fatto diventare forse anche più famosa di quello che potevo essere diventando una surfista? Non sono orgogliosa né del film, né del fatto che mi chiedano di posare per una linea di abbigliamento o di firmare un profumo. Sono orgogliosa di essere quello che sono, e sono felice di poter vivere la mia vita con pienezza. Invito tutti i ragazzi che vivono un'esperienza traumatica come la mia, qualunque essa sia, a fare quello che ho fatto io: zittire la rabbia e dare sfogo alla propria energia positiva. Volevo solo fare surf, lo avrei fatto anche con una gamba sola e se non avessi avuto le gambe avrei trovato il modo di fare surf sulle braccia..."


UN ESEMPIO PER TUTTI....

lunedì 4 aprile 2011

ANDRE AGASSI: la storia di un campione..

 la storia di un campione mondiale che ha scelto Tony Robbins come suo consulente

“Tony Robbins è una persona straordinaria e probabilmente una delle più evolute grazie alla sua capacità di comprendere il mondo, gli individui e la natura umana. Lui sa perfettamente come far eccellere le persone…e portarle alla vittoria !”
                                              Andre Agassi

Quella di Agassi  è la storia emblematica di un campione mondiale che sembrava aver raggiunto l’apice della carriera, quando tutto ha iniziato a crollargli addosso. Dopo un’infanzia da bambino prodigio del tennis, a soli 17 anni entra nella classifica dei primi 25 tennisti del mondo e diventa ricco e famoso.

Una carriera che sembrava inarrestabile e che invece, di lì a poco, si sarebbe scontrata con ostacoli enormi. I risultati che contano non arrivano più. Andrè continua a giocare incapace di impegnarsi davvero. Colleziona numerosi insuccessi sportivi. L’Agassi simpatico e amato dai fans si trasforma agli occhi dei colleghi e del pubblico in un uomo cinico e superbo. I giornali lo fanno a pezzi. È durante questo lungo tunnel che matura la rinascita.


L’incontro con Anthony Robbins cambia la sua vita.

La sua personalità riprende quota, si allontana da lui il pensiero della morte e del suicidio che prima lo avevano ossessionato.
La motivazione, l’energia, la fiducia nelle sue capacità ricominciano a farsi strada. Andrè riconquista una forma fisica smagliante e si riappropria delle sue doti di eccellente timing, coordinazione e velocità. Recupera determinazione, concentrazione, voglia di vincere.

Il resto è storia. 
  
 In soli 2 anni vince 5 titoli prestigiosi risalendo dalla 141° posizione (1997) ai vertici della classifica mondiale del tennis.

Oggi è uno degli sportivi più rispettati e amati del mondo. Un esempio di come nella vita si possono sempre superare le difficoltà, se si sa attingere alle proprie risorse.

giovedì 24 marzo 2011

THE HOTTEST THING ON ICE



Quando George Fitch e William Maloney recatisi per lavoro in giamaica videro una gara di "carretti" ebbero una visione; portare una squadra locale alle olimpiadi invernali di bob!
Un idea da un lato folle e dall'altro quasi impraticabile, principalmente perchè in quel paese non vi è mai stata traccia di neve figurarsi una pista ghiacciata per il bob, secondo perchè, gli atleti seppur grandi veocisti non avevano la minima intenzione di partecipare ad una disciplina così estranea dalle loro abituali.
Fu così che l'idea venne propostà al Colonnello dell'esercito Ken Barnes che accettò e mise a disposizione 4 suoi ragazzi per questa impresa che si rivelerà una delle più belle storie sui valori olimpici..
Come tutti gli inizi  fu terribilmente dura, per di più in un paese dove non nevica mai e che dista ore d' aereo da qualunque luogo dotato di un clima che rimandi a una discipina sportiva invernale.
I quattro atleti erano costretti ad allenarsi con un "bob su rotelle", senza una pista adeguata e senza provare l'effetto del clima sulla loro pelle; ma cercarono ugualmente di metterci tutto il loro impegno e determinazione per imparare il più in fretta possibile quella disciplina.
Al momento di partire non possedevano nemmeno l'attrezzatura necessaria per svolgere la gara; vennero interamente sponsorizzati da privati con donazioni alla loro federazione.
Nonostante tutte queste avversità si presentarono ugualmente alle olimpiadi del 1998 di Calgary in Canada; derisi un pò da tutte le squadre e sbeffeggiati dai colleghi più blasonati; scesero ugulalmente in pista..
Quello che successe nei 46 secondi dopo la partenza commosse i milioni di spettatori che seguivano la competizione.
Difatti, un pò goffamente iniziarono la gara, il bob sbandava ad ogni curva e il pilota era visibilmente in crisi nel tenere il bob in linea con la pista, ma nonostante ciò l'intertempo che fecero segnare a metà del percorso era l'ottavo in classifica, un risultato insperato, che metteva la Giamaica davanti a squadre non solo più titolate, ma sulla carta molto più forti; purtroppo però nei secondi successivi, all'uscita di una delle ultime curve il bob si rabaltò da un lato mettendo fine alla loro gara e in teoria ai loro sogni.
Quando si rialzarono però la reazione dell'intero pubblico fu incredibile, un fiume di applausi e di grida li accolsero e li portarono a concludere ugualmente la gara sulle loro gambe.
Questa impresa, seppur non si sia conclusa con una vittoria eclatante ha ispirato il cuore di molte persone, per la tenacia e il coraggio dimostrato da questi ragazzi, inoltre ha dato lo spunto per il film della Disney Cool Runnings che narra proprio di questa straordinaria avventura.
Da quell'anno in poi la federazione di bob  giamaicana ha partecipato a tutte le gare invernali di slittino riuscendo ad aggiudicarsi diverse medaglie in un caso a portare a casa l'oro nelle gare di spinta.

SE PENSIAMO CHE PRIMA DEL 98 ALCUNI ATLETI NON AVEVANO NEMMENO VISTO LA NEVE.

giovedì 10 marzo 2011

...QUANDO SONO I PIU' PICCOLI A DARE L'ESEMPIO.

Ogni giorno, sempre più spesso, veniamo messi al corrente riguardo a episodi di Bullismo; giovani ragazzi che in gruppo si divertono a vessare (nel migliore dei casi) i compagni più deboli e insicuri.
Quante volte abbiamo sentito  cose del genere: "..preso a calci e pugni dai compagni perchè troppo grasso.." oppure " ..umiliano compagno perchè disabile.."; mi rendo perfettamente conto che questo genere di cose succedono, anche quotidianamente; quello che però mi stupisce è il messaggio che viene comunicato attraverso queste notizie.

Premesso che questa è la mia personale opinione, sentendo di questi episodi sembra quasi che i giovani d'oggi siano veramente come li dipingono, ovvero crudeli, egoisti, cinici, superficiali e privi di valori, sembre pronti ad approfittarsi dei più deboli anche solo per ottenere il cosiddetto "Rispetto" degli altri.

PERSONALMENTE NON CREDO SIA COSI'!

Ed ecco una piccola storia che dimostra proprio il contrario, potremmo quasi chiamarla: "un episodio di bullismo al contrario".

Siamo a Catanzaro, in una classe di terza media come molte altre, classe in cui si trova anche "Mario" (nome di fantasia) un ragazzo affetto dalla "sindrome di Down",di fatto non una di quelle disabilità che implicano spostamenti problematici, carrozzina, barriere architettoniche e personale di sostegno.
Nonostante questo però Mario è vittima di una discriminazione (niente di strano direte voi, "succede") si certò può accadere, il problema è che a discriminarlo non sono i suoi compagni di classe, ne tantomeno i professori ma è la preside dell'istituto in persona.


 POSSIBILE DIRETE VOI?! PURTROPPO SI.

Sembra quasi la scena di un film, la direttrice dell'istituto che approfittando dell'assenza di Mario si reca dai suoi compagni di classe per avvertirli, nel caso di gite future, uscite didattiche e qualsiasi altra attività extra-scolastica, di non dire nulla al loro compagno per via degli innumerevoli problemi che causerebbe portarselo dietro e poi per usare le stesse identiche parole: "..perché tanto non capisce..".
Ora, a parte l'ultima frase raggelante della nostra dirigente scolastica, che messaggio pensate che venga trasmesso attraverso un discorso del genere? Non certo quello di intergrazione sociale e tolleranza.
Ed è proprio qui che volevo arrivare, a quella che è stata la risposta dei compagni davanti ad una richiesta così meschina riguardante uno di un di loro.

Terminato l'intervento della preside, una ragazzina dalle ultime file della si alza in piedi e dichiara che in quel caso nessuno di loro avrebbe mai più preso parte a una uscita. E i compagni uno dopo l'altro senza nemmeno pensarci confermano l'annuncio fatto dalla loro portavoce.

FANTASTICO!!!!

Avrei pagato per poter assistere ad una scena del genere, per poter vedere la faccia della preside mentre realizzava che il suo bieco piano per evitarsi scocciature veniva disintegrato da dei ragazzini che lo ritenevano indecente anche per loro..

GRAZIE!!! 

Grazie di cuore a tutta la terza media della scuola di Catanzaro, perchè ci ha ricordato che molto spesso i giovani sono persone migliori degli adulti di oggi.

lunedì 7 marzo 2011

Buone notizie per vivere meglio!

Non so a voi, ma a me capita di guardare il telegiornale e uscirne tristissimo.
Brutte, pessime, terrificanti notizie...

Tanto che mi viene da chiedermi... ma è davvero sempre e solo così?
Il mondo è pieno di tragedie e cronaca o è anche fatto di notizie belle e incoraggianti?
La risposta è semplice: certo che accadono cose meravigliose.. ma fanno poca notizia.

Ora però ve la do io una notizia: 
Secondo uno studio condotto dai ricercatori Eurodap (associazione europea dei disturbi da attacchi di panico)  gran parte dei disturbi di ansia e paura sono dovuti all’informazione
Proprio così: la cronaca nera che occupa così tanta parte sui quotidiani, i servizi scandalosi che scorriamo in tv, i lamenti e le polemiche che ascoltiamo intorno a noi sono fortemente colpevoli del peggiorare e proliferare delle ansie, dello stress e delle paure di cui soffrono moltissime persone. 
Questo perchè i nostri tg sono molto più orientati verso il negativo, che fa scalpore, piuttosto che al positivo, che ci fa stare meglio.


Ma non sono l'unico che la pensa così. Infatti nasce sul web un portale che si chiama Buone Notizie.it che sceglie di riportare l'attenzione di chi sceglie di seguirlo sulle notizie belle e positive che il mondo ha da offrire!


E allora ... viva l'informazione positiva!

martedì 18 gennaio 2011

Una storia di Cuore e Coraggio: Jordan Rice

Jordan ha 13 anni, vive in Australia.
Il giorno in cui ha dato la sua vita per salvare quella di suo fratello Blake è in macchina con lui e sua mamma quando vengono travolti da un'ondata di acqua e fango.


Riescono ad arrampicarsi sul tetto della macchina per sfuggire alla corrente che altrimenti li trascinerebbe via...
Jordan non sa nuotare.
Arrivano i soccorsi, un uomo si lega una corda alla vita e si tuffa in acqua per cercare di salvarli.
Nuota verso Jordan, fa per prenderlo  e portarlo in salvo ma lui lo blocca e dice: "No, prima salva mio fratello".
L'uomo allora prende il piccolo Blake, 10 anni, e lo porta in salvo..
Blake si salva, ma la corda si spezza e l'uomo non può più tornare indietro a prendere Jordan e sua madre. Cadono in acqua e spariscono nelle acque senza riemergere.


Jordan Rice (a sinistra) e suo fratello Blake
Jordan ha dato la vita per suo fratello. Forse non pensava che quel gesto gli sarebbe costato così caro ma sicuramente sapeva che cosa rischiava rimanendo anche solo un secondo in più sul tetto di quell'auto. Lui che non sapeva nuotare...
Sapeva cosa rischiava ma è stato disposto a pagare il prezzo di mandare avanti suo fratello..

Questo è amore incondizionato... questo è coraggio e amore... 
Grazie Jordan perchè ci hai dimostrato che ancora una volta i bambini hanno dato a noi adulti una cosa fondamentale: L'esempio.